Primo uomo sulla luna

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Pagina pubblicata in data 20 luglio 2021
Aggiornata il 22 agosto 2022

20 luglio 1969, il modulo lunare Eagle (il LEM) atterra sulla Luna. Poche ore dopo, Neil Armstrong, comandante della missione spaziale Apollo 11, posando il piede sinistro sull'ultimo gradino della scaletta del modulo lunare Eagle, pronunciò al microfono del proprio casco la frase: "that's one small step for a man, one giant leap for mankind".

In italiano la frase è traducibile così: “questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l"umanità”.

Lo sbarco sulla luna è uno di quei momenti fondamentali della storia dell'umanità. Uno di quei momenti che individuano un vero e proprio spartiacque, che determinano un prima ed un dopo.

Mia madre era una bambina all'epoca. Ogni volta che in famiglia si è parlato di questo evento, lei, mi ha sempre raccontato del senso di stupore e di meraviglia nel pensare che degli esseri umani erano stati capaci di volare fino al nostro satellite.

Lo sbarco sulla luna rappresenta, infatti, la capacità dell'uomo di andare oltre i propri limiti, arrivando là dove solo fino a qualche anno prima si riteneva che non fosse possibile arrivare.

Questo grazie al senso di stupore e di meraviglia che non so se oggi esista ancora in noi. Certo le recenti immagini del telescopio Webb hanno meravigliato tutti, ma quella notte c'era qualcosa nell'aria che forse noi oggi non potremmo mai più respirare.

È come se noi uomini iper tecnologici avessimo dimenticato il senso per la meraviglia e la capacità di stupirci. La "noia" non è più quell'occasione di "vuoto" che si trasforma nel motore della creatività.
Oggi la "noia" è qualcos'altro. È data dalla "sensazione" di aver già provato tutto, di sentire che non c'è più nulla da scoprire.

Gli anni Sessanta furono caratterizzati dall'esplorazione dello spazio, sembrava avverarsi la profezia di Konstantin Tsiolkovsky, il grande pensatore dell'Ottocento considerato anche il padre dell"astronautica: "la Terra è la culla dell'umanità ma non si può vivere per sempre in una culla."

Forse oggi quella culla è diventata troppo comoda. Il senso della meraviglia, il chiedersi il perché delle cose, il sognare nella mente qualcosa da realizza è appannaggio sempre più di una ristretta cerchia di persone. Vista la diffusa scolarizzazione e la possibilità per la gran parte di noi di poter arrivare agli studi universitari, mi sarei aspettato il contrario.

Un anno prima, nel 1968, il film "2001 Odissea nello spazio" aveva ricevuto l'Oscar per gli effetti speciali, il capolavoro di Stanley Kubrick stava per essere superato dalla realtà. Forse sta proprio qui il problema. La realtà è andata troppo oltre la nostra immaginazione. Oggi, forse, è troppo facile acquisire qualsiasi tipo di conoscenza. Soprattutto quando siamo bambini ed adolescenti nulla ci costa fatica.

Un'infanzia ed un'adolescenza "facili", senza fatiche, forse sono proprio la "pillola" per far morire la sete di "ignoto"? È una domanda che mi pongo spesso ultimamente.

Il 16 luglio 1969, quando l'Apollo XI decollò dalla base di Cape Canaveral, circa un milione di persone si radunarono sulle spiagge per assistere al lancio ed oltre 600 milioni furono gli spettatori che assistettero alla diretta TV. I loro occhi avevano sete di stupore e di meraviglia.

In Italia, Tito Stagno e Ruggero Orlando commentarono in diretta lo sbarco sulla Luna. Fu la notte più lunga della televisione italiana, una "veglia" rimasta impressa nella mente di un'intera generazione.
Ma di quel senso del mistero, dell'ignoto e di stupore di quella generazione, oggi cosa rimane?

Dott. Francesco Russo

Articolo tratto dal sito www.brioweb.eu
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